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«Grazie del complimento». C’è chi, come Elodie, è riuscito a spiazzare un interlocutore poco gentile tranciando sul nascere qualsiasi polemica. Lucarelli, Belen, Emma, Incontrada, Ramazzotti. È lungo l’elenco delle famose ormai abituate a commenti ostili, a volte violenti, e attacchi di vario tipo. Sulla carriera, il fisico, la vita privata. Leoni da tastiera che rimbalzano da un profilo all’altro, senza risparmiare nessuno, alla ricerca della foto imperfetta o del dettaglio da ridicolizzare.

«L’odiatore è in fondo un insicuro – premette il dottor Giuseppe Lavenia, psicologo, psicoterapeuta, presidente dell’Associazione Nazionale Di. Te. (Dipendenze Tecnologiche, GAP e Cyberbullismo) – Chi posta parole offensive in genere lo fa perché è pieno di paure. Offende per partito preso: di solito attacca un genere in particolare, una situazione che ha per oggetto motivazione religiose, sessuali, scientifiche in cui non crede, la cultura da cui deriva una determinata persona o il luogo. Attacca tutto ciò che non può essere cambiato, come il sesso, la razza, il background di provenienza. Nulla giustifica comunque chi muove odio in rete». 

I bulli ci sono sempre stati. Ma il web amplifica tutto. A volte basta un’emoticon per ferire profondamente. «Sono tante, e tutte potenzialmente devastanti, le ripercussioni psicologiche di un post d’odio, a cominciare dal crollo dell’autostima. Un post, soprattutto se va a infilarsi nelle pieghe delle proprie insicurezze (un difetto fisico che ci fa soffrire, per esempio) può creare uno stato d’ansia e angoscia anche importante, anche perché diamo per scontato che quel contenuto sarà stato visto e letto da tanti. Se viene alimentato anche da altri utenti del web, la fiducia in se stessi potrebbe crollare: ci si sente messi al muro, derisi su una piazza che non ha confini, per un tempo che sembra infinito. Tutto ciò che viene postato potrebbe essere anche fermato per sempre con uno screenshot, che poi passa di chat in chat… Tutto ciò amplifica l’angoscia a non finire».

Come difendersi? 

  1. Prendersi del tempo prima di rispondere. Non farsi prendere dallo stato emotivo del momento e non mettere rabbia su rabbia rispondendo d’impulso ai commenti d’odio, altrimenti questi potrebbero essere benzina sul fuoco dell’aggressività. 
  2. Provare a rinarrare i fatti, vale a dire raccontare a se stessi che le cose non stanno come le ha descritte l’odiatore. Se si è pratici di assertività (la capacità di affermare le proprie idee o opinioni senza ferire né offendere), si potrebbe anche rispondere al post d’odio utilizzando questo strumento e mettendo a tacere l’hater una volta per tutte. «Per esempio, ti criticano per un video accusandoti di dire falsità? – spiega lo psicologo – Rispondi al post chiedendo: sulla basa di quali dati mi stai dando del bugiardo? Dammi le prove del contrario! Se la faccenda continua e non si spegne, potrebbe trattarsi di diffamazione. In questo caso, sarebbe bene prendere dei provvedimenti, sentendo la polizia postale». 
  3. Cancellare il commento? Dipende dal contenuto. «Se ci fa molto male e non lo sappiamo gestire, sì, assolutamente». 
  4. Non vergognarsi di parlarne con qualcuno (un amico, ma anche uno psicoterapeuta può aiutare): non c’è nulla di male ad ammettere quanto ci ha fatto male un post cattivo. Non anestetizziamoci e diciamo come ci sentiamo, ma non sul web per le ragioni che abbiamo detto sopra. 
  5. Prendersi un periodo di pausa. «Più che ritirarsi dai social (altra scelta impulsiva), se la cosa ci fa stare meglio potremmo non postare per un po’, per curarci la ferita che ci hanno procurato le parole offensive».
  6. Se è il caso, bannare chi lo ha scritto, oltre a segnalarlo al gestore del social network.